Ri-appropriarci della nostra storia

In una risposta ad un post su Facebook, ebbi a scrivere:

Oggi fortunatamente la figura di Francesco II è stata rivalutata e riscoperta grazie all’opera dei tanti scrittori che hanno ripercorso le tappe del suo breve regno.

Ecco, ho notato che ricorre il prefisso “ri-” (“rivalutata”, “riscoperta”, “ripercorso”) e mi è venuta in mente l’acuta osservazione fatta da Luigi Lambiase alla presentazione de La Nazione napoletana di Gigi Di Fiore ad Ariano Irpino nello spazio “Bookzone area” nell’ambito dell’Ariano Folkfestival il 23 agosto 2015. In quell’occasione, infatti, il Lambiase evidenziò il ricorrere del prefisso “ri-” quando si tratta di definire l’opera degli studiosi che stanno riscrivendo la storia dell’Unità d’Italia e del Risorgimento.

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Esuli napoletani

Nella preparazione dell’unificazione politica della penisola italiana, i maggiori denigratori del Regno delle Due Sicilie furono proprio gli esuli napoletani che si erano acquartierati in Piemonte. Furono soprattutto essi ad offrire una immagine distorta ed aberrata della realtà socio-politica che esisteva nella terra che avevano abbandonato.

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Francesco II di Borbone – non chiamatelo “Franceschiello”

Francesco II di Borbone visse a Gaeta dal novembre 1860 fino al febbraio 1861. Gaeta divenne il bersaglio dei terribili cannoni rigati Cavalli usati dall’artiglieria piemontese agli ordini di Cialdini.

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Francesco II di Borbone – un grand’uomo

Il vice ammiraglio Barbier de Tinan, comandante della flotta francese che stazionava nelle acque di Gaeta, successivamente alla fine della tregua di metà gennaio 1861, ricevette l’ordine da parte di Napoleone III di allontanarsi da Gaeta assediata e abbandonare la dinastia dei Borbone al proprio destino. Di lì a poco le navi di Persano avrebbero potuto cominciare a cannoneggiare la fortezza anche dal mare.

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Conferenza stampa di presentazione di “San Lupo MI STREGA” 2015

Il 13 giugno nella Sala Consiliare del Comune di San Lupo ha avuto luogo la conferenza stampa di presentazione della manifestazione “San Lupo MI STREGA”, che si svolgerà nei giorni 20-21-22-23 giugno 2015. Nella sala campeggiava un vaso sul pavimento con un meraviglioso mazzo di fiori di ginestra, a sottolineare il forte inscindibile legame tra il borgo ed i monti circostanti che, appunto, in estate si ammantano di questo resistente arbusto, chiazzandosi di verde e di giallo.

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Recensione di “Controstoria dell’Unità d’Italia” di Gigi di Fiore

Per decenni ci hanno fatto credere alla favola del Risorgimento e della spedizione dei Mille. Molti di noi sono cresciuti nel mito del Tamburino sardo, della Piccola vedetta lombarda, dei Garibaldini. Le figure di Vittorio Emanuele II, Cavour, Garibaldi, Mazzini, La Marmora, Bixio si stagliavano sullo sfondo degli avvenimenti del Risorgimento come giganti di coraggio, di disinteresse e nobiltà d’animo. Apparivano come esseri superiori, intoccabili, inattaccabili, che avevano compiuto le loro imprese animati da spirito di sacrificio e abnegazione. In realtà alcune di queste enormi figure proiettano dietro di sé una lunga inquietante ombra nella quale annaspano intrighi, prevaricazioni, atti vergognosi e comportamenti e pensieri tutt’altro che edificanti. Il libro “Controstoria dell’Unità d’Italia” fa luce su queste ombre graveolenti, mettendo a nudo gli eventi così come accaddero. I protagonisti di quella funesta stagione della storia della nostra Penisola vengono ritratti impietosamente nelle loro debolezze; ne escono fuori con tutti i loro vizi, con i tratti di arroganza, di insicurezza, di spocchia ma anche di idealismo, che definivano i contorni della personalità di ognuno.

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L’Italia, dall’Alleanza (Germania, Austria, Italia) all’Intesa (Francia, Inghilterra, Russia)

Nei convulsi mesi tra il 1914 ed il 1915 che precedettero l’entrata in guerra dell’Italia, vi era una situazione politica abbastanza fluida che tuttavia mostrava una chiara tendenza al riallineamento sulle posizioni dell’Intesa.
Il primo ministro Salandra, in carica dal marzo 1914, ed il ministro degli Esteri Di San Giuliano avevano assunto una posizione cauta e piccata nei confronti di Germania ed Austria poiché le due potenze avevano informato il governo italiano dell’ultimatum alla Serbia solo il giorno dopo averlo consegnato – mettendo l’Italia davanti al fatto compiuto – e non ammettendo, contestualmente, che potesse esserci un’espansione territoriale austriaca nei Balcani, condizione che avrebbe fatto scattare gli automatismi previsti nelle clausole della Triplice Alleanza in virtù delle quali l’Italia avrebbe avuto diritto ad una compensazione territoriale.
Già a metà dell’agosto del 1914 cominciarono a farsi sentire le pressioni di Francia, Inghilterra e Russia per l’entrata in guerra dell’Italia a fianco dell’Intesa in modo da accerchiare gli imperi centrali ed aprire un nuovo fronte a sud.

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I “Giri di valzer” del Regno d’Italia

Agli inizi del XX secolo l’Italia era formalmente legata all’Austria e alla Germania da un trattato di alleanza (Triplice Alleanza) che aveva stipulato una trentina d’anni prima in funzione antifrancese.
Nel momento in cui scoppiò la Prima Guerra Mondiale, l’Italia si tenne fuori dalle ostilità in quanto l’automatico coinvolgimento in un conflitto a fianco degli alleati era previsto solo in caso di aggressione da parte di due potenze straniere. Nel frattempo, tuttavia, il Regno d’Italia non smise di confrontarsi con la diplomazia di Francia ed Inghilterra in relazione ad un possibile riallineamento sulle posizioni della Triplice Intesa, continuando al contempo ad intrattenere rapporti ed a intavolare trattative con gli alleati degli imperi centrali. Questa disinvoltura dell’Italia nell’accettare confronti e proposte da parte delle potenze di entrambi gli schieramenti, era già stata definita come innocui “giri di valzer” dal cancelliere tedesco Bülow nel 1902, per rassicurare circa la fedeltà italiana nonostante temporanei amoreggiamenti con altre diplomazie europee.

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