Copertina di Controstoria dell'Unità d'Italia

Recensione di “Controstoria dell’Unità d’Italia” di Gigi di Fiore

Per decenni ci hanno fatto credere alla favola del Risorgimento e della spedizione dei Mille. Molti di noi sono cresciuti nel mito del Tamburino sardo, della Piccola vedetta lombarda, dei Garibaldini. Le figure di Vittorio Emanuele II, Cavour, Garibaldi, Mazzini, La Marmora, Bixio si stagliavano sullo sfondo degli avvenimenti del Risorgimento come giganti di coraggio, di disinteresse e nobiltà d’animo. Apparivano come esseri superiori, intoccabili, inattaccabili, che avevano compiuto le loro imprese animati da spirito di sacrificio e abnegazione. In realtà alcune di queste enormi figure proiettano dietro di sé una lunga inquietante ombra nella quale annaspano intrighi, prevaricazioni, atti vergognosi e comportamenti e pensieri tutt’altro che edificanti. Il libro “Controstoria dell’Unità d’Italia” fa luce su queste ombre graveolenti, mettendo a nudo gli eventi così come accaddero. I protagonisti di quella funesta stagione della storia della nostra Penisola vengono ritratti impietosamente nelle loro debolezze; ne escono fuori con tutti i loro vizi, con i tratti di arroganza, di insicurezza, di spocchia ma anche di idealismo, che definivano i contorni della personalità di ognuno.

La realizzazione dell’unificazione politica della penisola italiana ci appare per quello che fu: un piano nato negli ambienti della massoneria internazionale (quella che, con linguaggio eufemistico, ci hanno insegnato a chiamare “società segrete”) che trovò realizzazione grazie all’impiego di mercenari ed avventurieri ed all’entusiasmo di giovani idealisti che risposero all’appello lanciato anche dall’estero, soprattutto dall’Inghilterra, arruolandosi nelle file dei volontari garibaldini.

Ne seguì lo sbarco a Marsala, protetto e favorito dalla flotta inglese, che andò a costituire una testa di ponte nel territorio del Regno delle Due Sicilie. Questo sparuto gruppo di Camicie Rosse non trovò alcuna valida resistenza, né da parte della flotta e né da parte dell’esercito borbonico. Lo sbarco dei Garibaldini, infatti, era stato preceduto da una meticolosa opera di corruzione degli ufficiali dell’esercito e della marina borbonica, portata avanti da emissari del Regno di Sardegna affinché non ostacolassero l’impresa dell’avventuriero nizzardo. Nelle rare occasioni in cui i Garibaldini si trovarono nella condizione di poter essere sconfitti in battaglie campali su suolo siciliano, l’esercito del Regno delle Due Sicilie inspiegabilmente non ne approfittò; per colpa degli scellerati ordini diramati dai suoi ufficiali, non sfruttò il vantaggio sul terreno ma rinunciò ad affondare il colpo ed a cogliere una vittoria piena e definitiva.

Al racconto dei retroscena della preparazione dello sbarco di Garibaldi a Marsala, segue una puntuale ricostruzione dei successivi sbarchi che ci furono in Sicilia per dare man forte ai Garibaldini grazie all’apporto di uomini e materiali, anche di soldati piemontesi che risultarono operare per iniziativa personale, dopo aver abbandonato volontariamente l’esercito sardo.

Nel libro vengono illustrate, inoltre, le modalità attraverso le quali il Piemonte prese la decisione di far scendere le proprie truppe lungo il versante orientale della Penisola fino al ricongiungimento con i Garibaldini nella battaglia del Volturno e nell’assedio di Capua ed il modo vergognoso in cui furono organizzati e fatti svolgere i plebisciti per legittimare l’accorpamento del sud Italia al Regno di Sardegna, come era già accaduto in precedenza per altre zone della Penisola nonché per l’annessione di Nizza e della Savoia alla Francia.

Dal libro di Di Fiore emerge un quadro illuminante, che erode i piedi d’argilla della retorica del Risorgimento, sul quale hanno eretto monumenti di bronzo che ancora adornano le nostre piazze.

Il Regno di Sardegna si è potuto ingrandire grazie all’ala protettiva della Francia (come nella Seconda Guerra d’Indipendenza in cui ottenne la Lombardia), di Francia ed Inghilterra (come durante la spedizione dei Mille e la successiva usurpazione del regno di Francesco II) ed infine della Prussia (come nella Terza Guerra d’Indipendenza in cui ottenne il Veneto e nella presa di Roma, dopo la sconfitta francese di Sedan). Per inciso, la tendenza della Casa Savoia di inserirsi nella corrente favorevole degli eventi politici e bellici internazionali continuerà anche successivamente, come quando portò l’Italia in guerra nel 1915 scegliendo di combattere a fianco di Francia, Inghilterra e Russia, nonostante i patti della Triplice Alleanza stipulati con gli imperi centrali, poiché intravedeva una prossima imminente vittoria dell’Intesa, o quando nel 1940 l’Italia entrò nuovamente in guerra per partecipare alla divisione del bottino di quella che si credeva la sicura imminente vittoria della Germania di Hitler.

Il valore dei capi dell’esercito e della marina del Regno di Sardegna che compirono l’impresa di unificare politicamente la penisola italiana si palesò chiaramente durante la Terza Guerra d’Indipendenza quando Alfonso La Marmora, l’ammiraglio Persano, Enrico Cialdini non si trovarono a fronteggiare un esercito con ufficiali corrotti o bande di briganti; contro l’esercito e la marina austriaca si mostrarono tutt’altro che all’altezza del compito loro assegnato.

Acquisire consapevolezza equivale a compiere un salto irreversibile. Si diventa diversi.

La consapevolezza è il frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male ed attingerne vuol dire uscire dal Giardino dell’Eden, dal mondo incantato, per cominciare a guardare la realtà nella sua cruda autenticità. Questo è il libro “Controstoria dell’Unità d’Italia” di Gigi di Fiore. Dopo che lo avrete letto, non sarete più quelli di prima.

Gaetano Ferrara